Il castello di Zumelle          

Mel (BL)

                        

 

Il Castello di Zumelle (comune di Mel) si trova sulla cima di un’altura posta alla confluenza di due corsi d’acqua che originano il torrente Terche, affluente del Piave.

  LA STORIA

  Avvolto nel mistero e nella leggenda, il castello è pressoché l’unico rimasto, nel tratto medio del Piave, dei circa venti che costellavano la vallata.

  Il nome

  Secondo la tradizione, il toponimo deriverebbe dal latino “castrum gemellorum” (castello dei gemelli), in ricordo dei figli del goto Genserico, leggendario fondatore della rocca, che, dopo la morte della regina Amalasunta, si sarebbe rifugiato nella Val Belluna per sfuggire alla tirannide del re Teodato (all’incirca verso l’anno 535). Un’altra ipotesi lo vuole riconducibile ad un certo Gemelio, uomo illustre tra i Goti. Ma è più verosimile ritenere che il toponimo derivi dal latino “gemellae” nel significato di appaiate, contrapposte, alludendo alla rupe di Zumelle e a quella vicina di Castelvint, dove sorgeva un’altra fortificazione.

  Dalle origini ai giorni nostri

  Un’ipotesi ancora dubbia lo fa nascere come torre di segnalazione romana, quando Druso, in supporto alla sua campagna bellica nelle regioni danubiane, tracciò una via militare diretta da Altino al Danubio, che venne fortificata dal figlio Claudio fra il 46 ed il 47 d.C., prendendo il nome di Claudia Augusta Altinate (cippo di Cesiomaggiore).

Tuttavia le fonti non sono sufficienti a confermare né l’esistenza di una torre romana, né il passaggio in questo luogo della via Claudia Augusta, anche per il disagevole, se non impossibile, transito su un sentiero scosceso.

A prescindere dalla frequentazione romana del sito, il castello vero e proprio sorse, verosimilmente fra VI e VII secolo, assumendo una funzione di controllo sulla strada passante per il valico di Praderadego (romana o tardo antica che fosse) e di difesa della viabilità della Val Belluna, mediante un sistema di segnalazioni visive con altri capisaldi posti lungo i vari tracciati stradali. 

Bisogna arrivare fino a Carlo Magno per avere notizie più sicure circa la concessione di privilegi imperiali su alcuni feudi, tra i quali potrebbe rientrare anche Zumelle. Nel 1032 il castello ed il contado da esso dipendente furono dati in feudo al barone Adelfredo, dal quale passarono alla figlia Adelaide, per giungere, intorno alla metà del XII secolo, nelle mani della contessa Sofia da Colfosco, maritata da Camino.

Sotto il suo dominio il castello raggiunse la massima estensione ed importanza. La decisione di lasciarlo in eredità al vescovo – conte di Belluno – causò lo scoppio di violente contese fra quest’ultimo e la famiglia da Camino, finché, nel 1196, la rocca venne assaltata e completamente distrutta dalle milizie bellunesi, alla cui testa c’era il bellicoso vescovo Gerardo de’ Taccoli.

Prontamente ricostruito, perse, però, la sua importanza, anche se continuò ad essere teatro di assalti, distruzioni e conseguenti restauri, il più importante dei quali venne eseguito nel 1311 da Rizzardo da Camino, su ordine dello stesso imperatore Enrico VII di Lussemburgo. Dopo varie vicissitudini e passaggi di proprietà, tra Caminesi, Scaligeri, duchi d’Austria, Visconti e Venezia, il castello subì un nuovo saccheggio nel 1510, durante la guerra della Lega di Cambrai contro la Repubblica Veneta.

Questo episodio segnò praticamente la fine dell’importanza strategica della rocca, la cui proprietà era stata concessa, già nel ’400, ai conti Zorzi (Giorgi). Ad essi seguirono nel 1720 i conti Gritti. Nel 1872 il Comune di Mel lo acquistò in un’asta pubblica per adibirlo a uso rurale e alloggio di coltivatori dei fondi annessi. Parzialmente rivalutato tra XIX e XX secolo come romantico punto d’incontro, finì presto dimenticato da tutti.

Il recupero

  Nel 1961 il Comune di Mel, con il contributo di vari enti, diede l’avvio alle opere conservative. Dopo gli interventi atti a sradicare la vegetazione cresciuta spontaneamente, si provvide alle prime opere di consolidamento, di ritessitura delle lesioni, di scavo dei materiali di riporto, iniziando dai seminterrati e dalla vecchia cappella. Nella torre furono rinsaldate le murature, ripristinati vari solai lignei e la scala, riassestati il tetto e il sostegno della campana. Nel contempo venne sistemata anche la strada di collegamento da Tiago e attuato lo sterro del fossato sotto il castello.

  I ritrovamenti

  Nel corso delle varie operazioni di ripristino vennero alla luce vari reperti. Tra i più significativi ricordiamo:

Si tratta di reperti tutti posteriori all’età romana, tali, comunque, da far ipotizzare l’esistenza del castello già intorno al VI-VIII secolo.

  L’ultimo restauro

  Al primo restauro moderno (1963 - 1976) ne seguì un secondo (1996 - 1999) finalizzato al riutilizzo del complesso; tale intervento, anche se non ha restituito le specifiche caratteristiche architettoniche, ha dato la possibilità di fruire di un bene che rappresenta un contesto importante, pressoché unico, a testimonianza di un ragguardevole periodo storico che parte dall’alto Medioevo e giunge fino ai giorni nostri.   

Pianta dei resti delle strutture primitive (fra cui la cappella) 

con quote dei reperti rinvenuti

  L’AMBIENTE

  Note geologiche

  Il rilievo su cui sorge il castello è costituito da uno sperone naturale intagliato dall’azione erosiva del torrente Terche entro una sequenza di rocce sedimentarie calcaree e calcareo – marnose.

Tale sequenza risulta formata da due unità geologiche principali e sovrapposte, conosciute rispettivamente con il nome di biancone e scaglia rossa.

La prima unità (biancone) affiora lungo il lato meridionale dello sperone, sul fondo della gola del Terche; è la più antica e costituisce la base del rilievo; risale al periodo compreso tra il Giurassico terminale ed il Cretaceo inferiore; risulta composta da calcari marnosi, noduli di selce nera o grigiastra e abbondanti resti di microfossili.

La seconda unità (scaglia rossa) rappresenta il volume preponderante dell’altura e ne costituisce la porzione medio – sommitale; è costituita da marne calcaree, calcari marnosi rossastri disposti a strati, abbondanti resti di micro e macro fossili e noduli di selce rossa; risale all’età compresa tra il Cretaceo superiore ed il Paleogene.  

  Osservazioni naturalistiche

  Nei pressi del castello si snoda un sentiero ambientale che offre un ampio spaccato della ricchezza vegetativa spontanea del luogo; lungo il percorso è possibile osservare anche qualche specie botanica introdotta dall’uomo e caratteristica di aree situate ad altre latitudini, o altitudini. L’itinerario si sviluppa, con un giro ad anello, all’interno del bosco attiguo al parcheggio per le auto.

Nella prima parte, rivolta a settentrione, un po’ più umida ed ombrosa, si trovano alcuni alberi tipici della montagna come il faggio, l’abete rosso ed il larice. Si nota, inoltre, la presenza del tasso, chiamato “albero della morte” per la forte tossicità delle sue foglie, nonché del frassino, particolarmente sacro nella mitologia nordica.

In una zona meno umida appaiono il tiglio, con i suoi fiori molto ricercati dalle api, ed il carpino bianco, apprezzato per l’ottima legna da ardere.

In posizione più soleggiata si osserva la quercia, la roverella, l’orniello, il pioppo tremulo ed il castagno, già fonte primaria di sostentamento nell’economia di sopravvivenza.

Degni di segnalazione anche vari arbusti come il caprifoglio ed il biancospino, chiamato “la valeriana del cuore” per le sue qualità medicinali.

Come suggestivo corredo ad alberi e arbusti, si avvicenda, nel corso della stagione primaverile, una considerevole varietà di fiori delle piante erbacee del sottobosco e del prato.

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