Due singolari aspetti delle fortificazioni medioevali di Vicenza, poco conosciute ma meritevoli di una visita lungo un apposito percorso
Già in epoca precedente gli insediamenti abitativi si erano sviluppati all’esterno delle mura altomedioevali specialmente verso la città di Padova nelle zone di S.Lucia e S.Pietro, meno verso Verona.
Le nuove mura partono in linea retta dal Ponte delle Bele verso l’attuale Viale Mazzini, per proseguire rettilinee sino a Porta S.Croce, per seguire poi il fiume Bacchiglione sino all’antica Porta di Pusterla.
Nell’angolo retto verso Monte Berico viene eretto un fortilizio notevole che prenderà il nome di Rocchetta, vero baluardo verso ovest, caserma per soldati e punto di osservazione e segnalazione con la fortificata torre campanaria della chiesa di S.Felice e Fortunato.
Ancora oggi le possenti mura della Rocchetta ci parlano della sua importanza difensiva datata 1365. Il tratto di mura tra Rocchetta e Porta S.Croce è intervallato da torri a sperone per non offrire alla neonata artiglieria una parete frontale. Le mura hanno perso nei secoli la merlatura ed il cammino di ronda ma la loro vista con le pietre intervallate da fascie di mattoni, incute ancora rispetto.
Di notevole interesse è la Porta di S.Croce che si presenta con i due passaggi: carraio e pedonale. Nella facciata le grosse scanalature ove trovavano alloggio le travi di sostegno dei due ponti levatoi.
L’ingresso alla città era protetto da due portoni in legno rinforzati con borchie metalliche e da due celate (porte nascoste nello spessore dei muri) che venivano calate quando il nemico aveva superato il primo portone e restava così intrappolato nel cortiletto interno alla porta.
La fortificazione era completata da un’altra torre di avvistamento. Nella parte interna sono ancora visibili le caditoie e la merlatura a coda di rondine delle città ghibelline.
I soldati che difendevano la città trovavano riparo nelle torri e solo raramente dietro ai merli. Le torri erano posizionate ad una distanza utile per i balestrieri che potevano ferire con i loro dardi gli assalitori da una torre all’altra e difendere tutti il tratto di muro.
Le mura cittadine per secoli hanno difeso idealmente la città: i Visconti entreranno senza assedio, gli imperiali della Lega di Cambrai entreranno tra ali di popolo festante, dopo poche cannonate la città si arrenderà alle truppe napoleoniche, solo nelle gloriose giornate del giugno 1848 le mura saranno vera difesa della città contro le truppe austriache ma purtroppo solo per pochi giorni.
Alla fine del 1800 le mura e le porte erano di ostacolo all’espandersi della città ed ostacolo al passaggio dei primi mazzi pubblici, perciò le mura vennero inglobate nelle nuove case, quasi tutte le porte furono abbattute ed ora le ritroviamo solo nella toponomastica cittadina.
LA TORRE CAMPANARIA DELLA CATTEDRALE
Oltre che ad una funzione difensiva la massiccia costruzione dovette assolvere ad una altrettanto sicura finalità civica. Lo lascia supporre l’inespugnabile cella ricavata all’interno dell’imponente costruzione. Entro la base di m.11.30 di lato, è stato ricavato un vano di m.3.50 x 3.50 con volte a vela, la cui funzione poteva essere: forziere, prigione o luogo di tortura.
Siamo, probabilmente, al secondo decennio del X° secolo all’epoca di Berengario I°, quando più è accentuata la decadenza della pubblica autorità civile con la crisi dell’istituto comitale ed il crescere del prestigio e del potere civile dei vescovi.
Da quanto si può osservare sulla Pianta Angelica (1580) le torri del sistema difensivo della Cattedrale dovevano essere in numero di tre collegate da mura.
Come promotore si pensa al Vescovo Vitale nominato arcicancelliere imperiale che iniziò anche la costruzione delle mura cittadine.
In corrispondenza dell’inizio della seconda parte della costruzione sono evidenti i segni dello scapezzamento del torrione, sopra tale moncone non livellato poggia la struttura in mattoni della torre campanaria romanica.
Le facciate, ripetendo il motivo del sottostante manufatto, sono segnate da semplici pareste raccordate in alto da una fila orizzontale di architetti. I quattro prospetti, conclusi con una semplice cornice di sottogronda anch’essa ad archetti, sono forati in cima ad ampie finestre bifore con archi a tutto sesto che, al centro scaricano il peso su colonnine binate.
I percorsi verticali interni alla struttura sono resi possibili da semplici e ampie di scale in legno che mettono in collegamento i vari piani, fino a raggiungere la cella campanaria.
Per la datazione della seconda parte, in mattoni, è da pensare a dopo il 1117 anno del catastrofico terremoto che fece cedere i principali monumenti della città e sicuramente portò danni anche all’antica torre difensiva.
In epoca recente la costruzione è stata restaurata grazie all’intervento del Banco Ambrosiano Veneto ed alla Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici di Verona, Vicenza e Rovigo. Il restauro ha curato la restaurazione degli spazi interni e l’abbattimento delle costruzioni esterne addossate nei secoli al prezioso manufatto.