Le cave di Pietra di Prun o 

Lastame Calcareo della Lessinia

Monti Lessini (Verona)

 

Il lastame, denominato anche “pietra di Prun” o “pietra della Lessinia”, viene estratto dagli strati inferiori della Scaglia rossa veneta, formazione del Cretaceo Superiore (da 95 a 70 milioni di anni fa). Questi livelli rocciosi hanno uno spessore di circa 7-8 metri e sono formati da 70 strati, di cui 67 sono utili per l’escavazione. Si tratta di calcari marnosi di colore rosso-biancastro, nodulari, che si presentano in strati separati da un velo d’argilla, cosa che ne rende particolarmente facile il distacco. Lo spessore dei vari strati varia da un minimo di 2,5 cm ad un massimo di circa 30.

  I cavatori da sempre hanno dato un nome dialettale a questi strati in base alle qualità buone o cattive della pietra (Mejon, Mejonsel, Loa, Pelosa), alla facilità di estrazione (Gentil, Rabiosa), al colore (Biancon, Rosson, Stelar rosso, Loa bianca, Lastra grisa, ecc.), allo spessore (Lastina, Lastra dopia), all’uso prevalente (Seciàr, Lastra da coèrti), alla loro posizione (Meseta de banco, Pelosa de fondo, Grondin de la sotomeseta). Grondin de la sotomeseta è lo strato più sottile di 2,5-3 cm, mentre Mejon de simo è lo strato più spesso che raggiunge i 25-30 cm.

 

 

 

 

 

 

 

Particolare della stratificazione di una sezione di cava e segni dello scalpello sulla pietra di Prun.

 

 

L’escavazione della “pietra di Prun” veniva effettuata in passato con l’apertura di gallerie sui fianchi dei rilievi ove è presente la Scaglia, come quelle presenti sul fianco orientale del Monte Noroni sopra Prun, oggi abbandonate. 

Cavatori di pietra a Prun in una foto della prima metà del XX sec.

Dopo aver asportato manualmente gli strati poco consistenti e non idonei (loe), si procedeva all’estrazione delle lastre partendo dall’alto verso il basso, mediante dei cunei e delle leve in ferro, impiantati con mazze nei giunti di stratificazione. Man mano che il fronte di cava si approfondiva, nelle gallerie venivano lasciati dei pilastri naturali a sostegno delle volte. Ogni tanto si potevano incontrare dei fenomeni carsici o delle faglie di tipo compressivo o distensivo che interrompevano la regolarità della stratificazione del lastame.

La “pietra di Prun” possiede una buona resistenza alla compressione che si aggira sugli 830 kg/cmq. La buona resistenza al gelo e agli agenti atmosferici ne ha consigliato l’uso sin dai tempi più remoti. Sin dall’età del Ferro la pietra di Prun viene utilizzata nella costruzione dei castellieri sulle dorsali lessiniche: i muri di cinta dei villaggi, i muri perimetrali, i pavimenti ed i tetti delle capanne, tutto era costruito in lastre. Tale uso continua in seguito negli edifici civili della media ed alta Lessinia, basti pensare agli insediamenti di Prun e Fane o ai centri di Cerna, Vaggimal e Giare, tutti nel territorio dell’antico comune di Prun. La prima attestazione storica di una cava di pietra nel negrarese risale al 1204 ed è relativa al territorio di Capavo, presso Torbe: Armenardino e Zugno litigano per il possesso di una “preara” (“de quadam predara et terra et nemus”). Nel secolo successivo con l’intensificarsi dei traffici e dei commerci, il mercato della “pietra di Prun” conosce un crescente sviluppo tanto che diversi affittuari di Torbe conducono al monastero di San Zeno pietre già lavorate. Nel XV e XVI sec., col diffondersi dell’arte rinascimentale e di un’acuta e crescente sensibilità per l’eleganza della dimora signorile, lo sfruttamento ed il commercio del lastame conoscono un sempre maggiore sviluppo e Negrar diviene un fiorente centro di scambi.

Cavatori a Prun nel XX sec:

Le cave di Prun restarono in attività fino agli anni Cinquanta del XX sec., quando per il pericolo di crolli, fu vietata la coltivazione in galleria. Ora queste grandiose e suggestive “latomie” che per centinaia di metri penetrano nella montagna, attendono una decorosa utilizzazione, che le renda fruibili anche ai visitatori.

 

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