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SOLO IERI...
alla scoperta dell’archeologia industriale del Veneto
Che cos’è l’archeologia industriale
L’archeologia industriale è una disciplina giovane, complessa, dai contorni sfumati ed incerti e che si intreccia a molte altre discipline. Ma è affascinante proprio per questo, perché rispecchia la complessità della società contemporanea, perché appartiene ad un recente passato, non ancora sedimentato e molto legato al nostro tempo presente, per non dire addirittura futuro. In definitiva, perché ci costringe a cercare tra oggetti, documenti e testimonianze varie i segni di umanità che ne rivelano l’aspetto antropologico e che ci portano ad avere una maggiore e più completa conoscenza delle nostre radici culturali.
Ma cos’è esattamente l’archeologia industriale e quando nasce?
L’espressione “archeologia industriale” nasce negli anni Cinquanta del XX sec., epoca in cui all’Università di Birmingham (centro di Ironbridge) cominciano a tenersi i primi corsi incentrati su questi tema. Il primo ad accostare i due termini è l’archeologo Renée Evart. Negli anni Settanta Kenneth Hudson, il maggior promotore degli studi di questa disciplina, fa uscire la rivista “Industrial Archaeology”.
Nella sua definizione standard, l’archeologia industriale si riferisce alla ricerca, allo studio, alla catalogazione, e alla salvaguardia degli oggetti fisici dell’industrializzazione, ovvero di manufatti singoli che presentino caratteristiche di obsolescenza e che siano testimoni di un avvenuto processo industriale e tecnologico, edifici, macchinari, ma anche documenti ed archivi d’impresa e le infrastrutture e servizi che fanno parte di una determinata realtà industriale. E non solo: fanno parte dell’archeologia industriale anche le foto, i giornali, i cataloghi e i ricordi, personali e soggettivi, delle persone che l’hanno diversamente vissuta.
Si usa il termine “archeologia” perché attraverso lo studio di questi materiali si tenta di ricostruire l’epoca in cui essi furono costruiti, e di identificare le trasformazioni subite dall’ambiente a seguito dell’impatto dell’industria sul territorio. Il termine “industriale” invece privilegia il periodo storico coincidente con la rivoluzione tecnica, economica e sociale dei secoli XVIII e XIX, ma non dà nessun limite al campo di indagine: i limiti cronologici della ricerca variano infatti a seconda delle aree geografiche e dei settori di studio. Ciò che costituisce infatti il minimo comun denominatore sono il concetto di tecnologia e lavoro applicati alla razionalizzazione del processo produttivo.
Di fatto l’archeologia industriale ha una sua intrinseca vaghezza. A differenza dell’archeologia classica, a sua disposizione c’è una grande abbondanza di manufatti documentati e di testimonianze. Questi però appartengono ad un passato non ancora considerato “storico”, per cui non sono facilmente riconducibili in un’immagine complessiva. Inoltre, i legami interdisciplinari con altre materie – la storia economica, l’architettura, la storia della scienza e della tecnica, la geografia, la storia dell’arte, le tradizioni popolari, la sociologia – complicano ulteriormente ogni sforzo di giungere ad una materia ben definita ed inquadrata.
Si possono comunque individuare due filoni principali: quello tecnico, che riguarda gli aspetti architettonico e tecnologico, e quello storico, che riguarda invece l’aspetto sociologico dell’organizzazione del lavoro.
L’esperienza italiana
La patria dell’archeologia industriale non può che essere l’Inghilterra, nella sua immagine paradigmatica di Ironbridge, dove si trova il più antico ponte in ghisa del mondo (1776) e nelle forme dell’architettura manchesteriana, prototipo dell’edilizia di fabbrica. Nasce come vera e propria disciplina di studio negli anni Cinquanta, in Italia però è solo negli anni Settanta che inizia a manifestarsi un certo interesse per l’argomento (viene costituita la Società Italiana di Archeologia Industriale). Ma sono questi anni in cui le città italiane iniziano un veloce processo di trasformazione. Le fabbriche vengono abbandonate e sorge il problema della riconversione e riutilizzo di queste aree dismesse.
Negli anni Ottanta sorgono i primi musei dei materiali legati a produzioni locali. Nasce l’ICMAI, l’Istituto di Cultura Materiale e Archeologia Industriale.
Gli anni Novanta sono invece caratterizzati dal restauro conservativo. Nel 1994 il Ministero dei Beni Culturali istituisce la Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale industriale e pian piano le università italiane iniziano a costituire le prime cattedre (a tal proposito ricordiamo che la disciplina di archeologia industriale in ambito accademico appartiene alla laurea in Storia dell’Arte, indirizzo contemporaneo). L’anno successivo nasce AUDIS, l’Associazione aree urbane dismesse, che diventa luogo di incontro tra pubblico e privato per la trasformazione delle aree e degli immobili dismessi.
Fortunatamente in epoca più recente l’archeologia industriale ha cominciato a destare anche un certo interesse turistico. Si tratta di un turismo “culturale”, desideroso di sapere la storia del territorio, le sue vicende antropologiche e sociali.
Per una tutela del patrimonio industriale
Purtroppo manca in Italia un quadro legislativo organico di riferimento. Vi sono carenze ed incongruenze legislative. Dalla Legge del 1939 sul patrimonio culturale, alla Legge Regionale 31/1/1989 n. 6 della Regione Veneto, al Piano Territoriale Regionale di Coordinamento del 1991. Molto viene lasciato all’operato dell’amministrazione locale - Comuni, Province e Regioni - e molto ancora alle comunità montane, ai cittadini privati, alle imprese, alle associazioni culturali.
Ciò che minaccia il patrimonio industriale è soprattutto la riconversione produttiva: il progresso rende i manufatti e i processi di produzione obsoleti, e quindi poco attraenti con il passare degli anni. Gli stessi materiali utilizzati dono deperibili e gli edifici sono costruiti in base ad esigenze funzionali che mutano nel tempo; le macchine vengono sostituite da modelli più efficienti. Anche il materiale archivistico viene smaltito ciclicamente dalle aziende.
Insorge il problema della bonifica di questi luoghi per il loro riutilizzo. È già difficile inquadrare la questione, difficilissima spesso la soluzione: cosa e come salvare, cosa e come riusare. Ma esiste anche il non secondario problema del censimento: manca perfino una scheda uniforme per catalogare questi patrimoni, manca un inventario sistematico che permetta soprattutto di distinguere quello che deve essere salvaguardato da quanto può essere oggetto di riuso o demolizione.
Allora, cosa si può fare? La soluzione al problema non è né semplice né unica. Qualsiasi sia il tipo di intervento progettato su un sito industriale (musealizzazione, riutilizzo, trasformazione), questo deve tenere conto degli aspetti storici, geografici, tecnico-ingegneristici, architettonici, urbanistici, giuridici, economici e sociali. E le possibilità di recupero delle aree possono riguardare vari settori: culturale, sociale, economico, turistico, dei servizi.
Alcuni spunti di riflessione
L’archeologia industriale è uno strumento di identificazione della cultura dell’industria. I beni mobili e immobili, i documenti, le macchine e i prodotti di un’impresa non devono essere considerati dall’impresa stessa un ostacolo allo sviluppo, un peso che ci si trascina per obbligo. Il patrimonio accumulato nel tempo deve essere considerato una risorsa. Infatti, se l’azienda vuole comunicare all’esterno una certa vitalità, questa deve essere trasmessa come un elemento dinamico nel tempo: il futuro non esiste senza passato.
Negri, M. “Archeologia industriale e cultura d’impresa: primi appunti” (Concegno di Prato, giugno 2000).
ALCUNI SUGGERIMENTI PER PREPARARE UN ITINERARIO
DI ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE
(adatto a scuole medie inferiori e superiori)
L’archeologia industriale, per le sue caratteristiche può essere un’ottima opportunità per la scuola di operare sul territorio ed essere meno astratta, soprattutto perché nella maggior parte dei casi permette allo studente un contatto tangibile con le fonti (è quasi un’indagine investigativa!). Ed è proprio il suo carattere multidisciplinare che può rendere più appetibili le materie scolastiche, spesso classicamente impostate in modo nozionistico.
Il Veneto è ricco di itinerari di archeologia industriale. Per poterli individuare anche per conto proprio, possiamo cominciare a pensare a quali tra questi siti qui sotto elencati sono situati nelle vicinanze della nostra città e del nostro paese:
– zone con impianti legati alla produzione di energia idraulica,
– cinture industriali attorno alle città,
– attività estrattive legate alla geologia del territorio,
– impianti di lavorazione di materie prime collocati lungo le principali vie di collegamento,
– zone di insediamento di organizzazioni industriali di tipo “arcaico” (mulini, pompe, idrovore, saline, solfare, tonnare, ecc.),
– luoghi creati dalla filantropia dei ricchi imprenditori (asili, scuole, chiese, cucine, ecc.),
– visite a mercati, macelli, impianti di sollevamento e trasporto merci,
– visite ad impianti di produzione di energia annessi alla fabbrica,
– villaggi e quartieri operai legati a industrie di vecchia tradizione.
Per una vera e propria costruzione dell’itinerario, si consiglia di seguire le seguenti fasi:
INDIVIDUARE GLI OBIETTIVI:
1 analizzare la collocazione della fabbrica nel territorio, diversa a seconda del periodo storico cui ci si riferisce (accesso a materie prime, presenza di energia elettrica, vicinanza di manodopera, ecc.);
2. analizzare le relazioni tra la fabbrica e le strutture di servizio circostanti;
3. analizzare le trasformazioni del territorio dovute alla presenza della fabbrica;
4. analizzare i centri abitati vicini, gli spazi abitativi degli operai;
5. analizzare gli aspetti architettonici della fabbrica,
6. analizzare gli eventuali interventi di tutela e valorizzazione di un sito industriale (già effettuati o da segnalare).
INTRODURRE LA VISITA
– lezione introduttiva di carattere tecnico e/o storico/geografico.
DEFINIRE IL CAMPO E GLI SCOPI DELLA RICERCA
A SECONDA DELL’OBIETTIVO, PIANIFICARE LE ATTIVITÀ E LE ESERCITAZIONI DA PROPORRE AGLI STUDENTI DURANTE LA VISITA:
1. utilizzando preferibilmente pellicole da 400 ASA, creare un archivio fotografico del paesaggio naturale e/o urbano circostante;
2. creare un archivio fotografico dell’insediamento industriale (la fabbrica, i dintorni) e delle strutture legate alla fabbrica;
3. analisi del paesaggio: documentazione di vie di comunicazione di diversa natura ed epoca storica, centri abitati recenti rispetto alla città o alla cittadina storica di riferimento, costruzioni di servizio, fornitura di energia elettrica, presenza dell’acqua per funzioni di collegamento e scarico (fiumi, canali, ecc.), rilevazione dell’impatto ambientale, ecc.;
4. documentazione dell’assetto urbanistico del centro abitato:
– individuazione del rapporto tra assetto urbanistico e struttura gerarchica posta alla base del sistema produttivo (chiese, asili, cimiteri, case per operai, dirigenti e impiegati, ecc.);
5. documentare l’evoluzione dell’architettura ed il progressivo adeguamento della struttura edilizia a regimi funzionali;
6. documentare il tipo di intervento di tutela e/o valorizzazione (restauro conservativo a scopo monumentale, utilizzazione a museo dell’industria, conversione a nuove funzioni, sede espositiva dei materiali dell’azienda, riappropriazione per attività comunitarie, ecc.).
STRUMENTI NECESSARI
– attrezzarsi con gli strumenti e il materiale necessari (macchina fotografica, rullini da 400 ASA, cartine storiche e geografiche anche fotocopiate, registratore, videocamera, ecc.).
DOPO LA VISITA:
– ricerca documentaria integrativa fondata sui diversi tipi di fonti storiche (cartografia, pubblicistica specializzata, documentazioni archivistiche, cataloghi, iconografia industriale, ecc.) e non (fotografie, fonti orali, racconti, ricordi, ecc.);
– riorganizzazione e sistemazione del materiale reperito e prodotto per creazione di semplici pubblicazioni, di un sito internet, di un documentario, ecc.
GLI ITINERARI DI ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE
DEL CENTRO TURISTICO GIOVANILE VENETO
Nei mesi di aprile e maggio del 2002, gli Animatori Culturali Ambientali del CTG hanno effettuato una serie di iniziative per valorizzare alcuni luoghi e testimonianze di archeologia industriale presenti sul territorio veneto. In particolare, nei fine settimana sono state proposte delle visite guidate ai seguenti siti, che riportiamo come spunti interessanti per uscite didattiche da proporre alle scuole:
BELLUNO
• Ex fornaci di calce di Sois
• Miniere della valle Imperina (Agordo)
PADOVA
• Strutture paleo-industriali a Battaglia Terme
• Ex macello di via Cornaro e passeggiata lungo il Piovego
• Cava Bomba (Cinto Euganeo)
ROVIGO
• Mulinon di Fratta (Fratta Polesine, Loc. Pizzon)
• Fornaci Totti ed Etna (Villanova Marchesana, Golena del Po)
TREVISO
• Museo dell’uomo dei mestieri (Susegana)
• Fornace De Gregori
VERONA
• Cave e cavatori di lastame a San Giorgio di Valpolicella
• Ambienti legati all’allevamento e all’agricoltura in una contrada baldense tradizionale: Braga di Caprino
• Tra le contrade cimbre della Lessinia a Roverè Veronese
• Giassàre e Museo ergologico a Cerro
• Le malghe di Novezza e Novezzina a Ferrara di Monte Baldo
• Visita al museo dell’Adige a Pescantina ed escursione lungo la strada alzaia
• Il rione dei Filippini a Verona
VICENZA
• Valle dei Mulini (Spiazzi di Grancona)
• Cartiera: visita ed escursione in bici (Dueville)
BIBLIOGRAFIA
AAVV; Atti del convegno di Prato, 16/17 giugno 2000
AAVV.; Atti del Convegno di Terni, 28/29/30 settembre 2000
Gli atti di entrambi i convegni possono essere scaricati dal sito www.patrimonioindustriale.it
AAVV.; Campagna e industria. I segni del lavoro. Collana del Touring Club Italiano “Capire l’Italia”, Milano 1981.
AAVV.; Supermappa dell’archeologia industriale. Itinerario nell’Italia settentrionale tra le vecchie fabbriche italiane. Ed. Roberto Napoleone, Roma 1981.
Campigotto, L.; Molino Stucky 1895-1995. Marsilio, Venezia, 1997.
Comune di Venezia; Venezia, città industriale. Gli insediamenti produttivi del XIX secolo. Marsilio Ed., Venezia 1980.
Costantini, P.; Venezia Marghera. Fotografia e trasformazioni nella città. CHARTA, 1997.
Fantelli, P.L.; Archeologia industriale a Padova. Atti del corso, Padova 1989.
Mancuso, F.; a cura di; Archeologia industriale nel Veneto. Giunta Regionale del Veneto, Silvana Ed., 1990.
Negri, M.; “L’archeologia industriale del futuro”, in La Memoria dell’Impresa, Notiziario del Centro sulla Storia dell’impresa e dell’Innovazione di Milano, n. 4 - maggio 2000.
Pizzolon, A., a cura di; Cento anni di storia di un’industria. La nuova Magrini Galileo di Battaglia Terme; Stampa La Garangola, Padova, 2002.
Ricatti, F., Ricatti, B., a cura di; Archeologia industriale e scuola. Ed. Marietti Scuola - Manzuoli, Firenze, 1989.
Zunica, M.; Civiltà del lavoro industriale nel Polesine, 1840-1940. Ass. Industriali della Provincia di Rovigo, Associazione Culturale Minelliana, Rovigo 1991.
SITI WEB DA VISITARE
• www.patrimonioindustriale.it Sito dell’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale.
Interessante: alla voce “emergenze” si possono segnalare casi di pericolo di scomparsa o di abbattimento.
• www.culturadimpresa.org Sito del Centro per la Cultura d’Impresa, associazione sorta presso la Camera di Commercio di Milano nel 1991.
• http://www.intersistemi.it/homofaber/ Banca dati sull’archeologia industriale, con un’interessante bibliografia generale sull’argomento.
• www.ironbridge.org.uk Sito ufficiale degli Ironbridge Gorge Museums
Istituzioni che si occupano di Archeologia Industriale e Storia del Lavoro
ISTITUZIONI ITALIANE
ASSOCIAZIONE RICERCHE STORICHE E DI ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE
prof. Ivano Tognarini - Via Cavour 38 - 50122 Firenze
tel 055/291337 fax 055/291339
ASSTI - Associazione per la Storia della Tecnica in Italia nell'età dell'industrializzazione
Via Conservatorio 7 - 20122 Milano
tel 02/76074200 - 76074201 fax 02/76004700
CIDI Schio e Alto Vicentino
Via Pasubio 92 - 36015 Schio (Vi); tel 0445/529554
COMMISSIONE NAZIONALE BENI CULTURALI INDUSTRIALI
Ministero per i Beni Culturali e Ambientali
Via S. Michele 22 – Roma
ICMAI - Istituto Cultura Materiale e Archeologia Industriale
Via della Vite 27 - 00187 Roma
tel 06/6790369
ISTITUZIONI INTERNAZIONALI
TICCIH - The International Committe for the Conservation of Industrial Heritage
Unesco (prof. Louis Bergeron)
54 Boulevard Raspail - 75006 Paris
tel 0033-1-49542603/49542525