Santuario di San Mamante (BL)

Sossai (Belluno), 507 metri s.l.m.

 

Il santuario dedicato a San Mamante si trova sopra il centro abitato di Sossai; per raggiungerlo bisogna percorrere la strada che da Belluno conduce all’Alpe del Nevegàl; il piccolo edificio sacro appare un po’ discosto, sulla sinistra, all’altezza del primo tornante, dopo il lungo rettilineo di Castion.

 

 

Cenni storico-artistico-architettonici sul Santuario

 

Il santuario è nominato per la prima volta in un documento del 1289 ed è probabile che la sua costruzione risalga alla prima metà del XIII secolo. Dell’originaria struttura, probabilmente una cappella modesta, dovrebbe sussistere attualmente solo il campanile, che presenta un’ogiva assai primitiva e una copertura con cuspide “guelfa” (piramide bassa). Il coro fu rifatto intorno al 1527, su iniziativa dell’umanista bellunese Pieno Valeriano, pievano di Castion. La navata, con soffitto a capriate, dovrebbe risalire al 1566, come indica una data scolpita sulla porta principale. Il grande protiro a tre lati aperti, che si appoggia al lato destro della costruzione, dovrebbe essere quasi coevo del coro. Altri lavori sulla struttura furono eseguiti nel secolo scorso (1854 e 1861), mentre l’interno è stato restaurato, per l’ultima volta, nel 1972. Fra le opere d’arte, vanno segnalati gli affreschi del presbiterio, in parte scomparsi, tradizionalmente attribuiti a Pomponio Amalteo (1505-1588). Si tratta di dipinti veramente pregevoli, così come le tele che adornano l’arco trionfale e l’altare di sinistra, opere dell’instancabile Francesco Frigimelica detto “Il Vecchio” (ca. 1570-dopo il 1646). Infine, resta da segnalare la presenza di un grande Crocifisso quattrocentesco.

 

 

Cenni storici sull’origine della devozione

 

San Mamante, insieme a San Gioatà e San Lucano, compone una triade di Santi particolarmente venerati nel territorio bellunese e legati alle origini della chiesa locale. Secondo la tradizione popolare, Mamante era un pastore di Cesarea che viveva in montagna per sfuggire alle persecuzioni contro i Cristiani. Dal latte delle numerose bestie feroci, che egli riusciva miracolosamente a mungere, ricavava dei formaggi da donare alle vedove e agli orfani. Catturato dai soldati imperiali, venne poi decapitato. Un’altra leggenda, illustrata da una tela un tempo collocata nel santuario (ora al suo posto c’è una copia), afferma che i genitori del Santo furono imprigionati a causa della loro fede cristiana; in carcere la mamma Ruffina partorì un maschietto, affidato in seguito alle cure della nutrice Ammia, da cui deriverebbe il nome Mama, o Mamante. Secondo una tradizione locale, la chiesa fu costruita dai Bellunesi per ringraziare il Santo al quale si erano rivolti, affinché li liberasse dalle belve feroci (soprattutto rettili) che infestavano la VaI Belluna e allontanasse una terribile epidemia, causa della morte di moltissimi bambini. San Mamante esaudì entrambe le richieste e subito i Bellunesi cominciarono ad edificare la chiesa; ma un giorno il materiale dì costruzione venne trovato in un posto diverso da quello dove era stato riposto la sera precedente. Questo fatto si ripeté per tre volte di seguito, pensando che dipendesse dalla volontà del Santo, i Bellunesi decisero di costruire il luogo di culto sul sito attuale, in posizione dominante rispetto al progetto originario; questa volta non sorsero problemi e i lavori giunsero a termine.

 

 

Il culto di San Mamante ed elementi rituali

 

San Mamante è considerato protettore delle nutrici, delle madri e dei bambini. L’oggetto del culto è una fonte collocata poco lontano dal lato destro del santuario, all’interno di una costruzione a volta, parzialmente interrata, edificata in sassi e protetta da un’inferriata. Precedentemente, al posto del piccolo sacello, c’era una nicchia (documentata fin dal XVII secolo) sulle cui pareti era stata dipinta la figura della Vergine. La fonte di San Mamante avrebbe proprietà galattogene, cosicché un tempo era visitata frequentemente dalle madri che non riuscivano a nutrire i figli con latte proprio. Le abitanti dei dintorni, durante la gravidanza, andavano a raccomandarsi al Santo e poi bevevano dalla fonte; le donne che non potevano recarvisi personalmente, si facevano portare l’acqua miracolosa e l’adoperavano per cucinare la prima pappetta dopo il parto. Questo particolare legame, che ha da sempre unito la figura di San Mamante alle madri, trova una corrispondenza evidentissima anche nell’assonanza fonetica fra il nome del Santo e la parola mamma. Da alcune testimonianze risulta che, alla fonte venivano condotte anche le bestie da latte. Il culto per San Mamante è oggi molto meno praticato di un tempo, tuttavia le donne in gravidanza, o con figli appena nati, continuano a visitare la chiesa e sono solite appendere all’inferriata, che richiude la fonte, un nastro rosa o azzurro. La celebrazione più importante, oggi come un tempo, avviene il 17 agosto, ricorrenza liturgica di San Mamante; per quest’occasione si effettua anche una processione nei dintorni del santuario. Nei secoli XVII e XVIII si svolgevano grandi feste campestri che duravano tre giorni e vedevano la partecipazione delle autorità cittadine di Belluno; questa tradizione si è mantenuta, fino a qualche decennio fa, sotto forma di sagra paesana.

 

Informazioni

 

La chiesa di San Mamante non è sempre aperta, per informazioni rivolgersi all’arciprete di Castion (% 0437/925143).

 

I dintorni del Santuario

 

Ad una decina di chilometri dal Santuario, si trova il centro turistico del Nevegàl (1000-1400 metri s.l .m.), sorto nel secondo dopoguerra e dotato di numerose strutture ricettive (alberghi, residence, appartamenti, campeggi, ecc...). Nella stagione invernale vi si può praticare lo sci alpino e nordico, mentre in estate tutta la zona si presta ad escursioni e passeggiate con mete davvero suggestive; in particolare va segnalato l’agevole sentiero in quota che conduce alle cime del Col Toront (m 1675) e del Col Visentin (m 1763), da dove è possibile, nelle giornate più limpide, distinguere le città della Pianura Veneta, compresa Venezia. Presso il Monte Faverghera (m 1534) è visitabile, nei mesi più caldi, un piccolo ma ricchissimo orto botanico, provvisto di svariate specie vegetali tipiche dell’arco alpino orientale.

 

 

 

ITINERARIO DI VISITA

Da Mòdolo a San Mamante attraverso

la strada panoramica della “Calmada”

 

Percorso: Mòdolo (444 m), La Calmada (680 m) Sossai (484 m), San Mamante (507 m), Mòdolo (444 m).

 

Dislivello: 650 metri circa tra salita c discesa.

 

Tempo di percorrenza: 1,30-2 ore circa.

 

Difficoltà: Il percorso non presenta difficoltà particolari, salvo alcuni brevi tratti di accentuata pendenza.

 

Luogo di partenza: Mòdolo è un borgo dell’Altopiano Castionese, raggiungibile facilmente da Belluno, prendendo la strada per il Nevegàl. Dopo aver attraversato il nucleo più recente di Castion, si giunge ad un piccolo crocevia, segnato dal capitello di San Cipriano; qui si nota, anche se un po’ a fatica, il cartello indicatore per Mòdolo, si prende la stradina asfaltata sulla sinistra e, dopo circa un chilometro, si perviene al paese.

 

Itinerario: Si tratta di un itinerario che si snoda lungo un percorso ad anello, percorribile per alcuni tratti solo a piedi. Il punto di partenza è fissato a Mòdolo, un grazioso villaggio che ha conservato ancora l’aspetto di un tempo. Il nucleo abitato si è sviluppato intorno alla maestosa villa Miari Fulcis, una delle più interessanti della VaI Belluna, edificata a partire dal 1644 e trasformata ancora nel secolo scorso. Poco prima della residenza nobiliare, si trova la chiesa di San Lorenzo (un tempo San Donnino), esistente già nel 500, ma il cui aspetto attuale risalirebbe al XVIII-XIX secolo. Dal piazzale antistante l’ingresso della villa, si prende la stradina inghiaiata verso sud (via Landrei), che si snoda sinuosa tra la campagna fittamente coltivata a mais. Si procede così nella piana drenata dal torrente Landrei, oltrepassato il quale su un piccolo ponticello, ci si inoltra a destra, lungo una stradina sterrata che costeggia il corso d’acqua. Aggirata una sbarra, il cammino procede in salita, mentre la macchia di frassini, abeti, noccioli si fa più fitta. Si oltrepassa un ruscello, che scorre in una sorta di piccolo canyon scavato fra gli strati rocciosi e si procede lungo il percorso, fino ad incontrare una larga pista forestale, che si stacca a destra. Si sale lungo questa stradina, immersa in un bosco più o meno fitto, dove fa la sua apparizione anche la betulla (vedi scheda naturalistica). Dopo un tratto in falsopiano, la salita si fa più ripida e permette di godere la vista sulle notevoli balze rocciose, quasi verticali, che contraddistinguono le pendici del Monte Falalto (m 881), uno dei primi contrafforti delle Prealpi Bellunesi. In breve, dopo aver sorpassato una piccola sorgente sulla destra, si arriva ad un gruppo di case collocato ad “elle”, intorno ad un cortile; la località è conosciuta col nome di Biatèr, o Bictèr e si trova ad un’altitudine di 679 metri. Dopo le abitazioni, la mulattiera, fattasi assai larga ed agibile, si congiunge con l’ampia strada della "Calmada" e a questo punto si svolta a destra, cominciando a scendere rapidamente di quota.

 

Il percorso è uno dei più interessanti della VaI Belluna, permettendo una continua variazione della vista sulla piana di Mòdolo, su villa Miari Fulcis e sul Bellunese. Nel contempo si riesce a rilevare il cambiamento della flora; dal bosco ceduo frammisto alle macchie di ginepro (vedi scheda naturalistica) ed erica, che fioriscono d’inverno, si passa alle betulle, alle siepi di carpini e maggiociondoli, per finire, in fondo alla discesa, alle piante da frutto.

 

Lungo la strada si può sostare in prossimità del sacello dedicato a San Gaetano da Thiene, eretto nel 1918 su una cappella più antica e preceduto da un ampio protiro che fungeva da riparo ai viandanti; il campanile venne costruito più tardi, nel 1929, come attesta una lapide dedicatoria ben visibile. Da osservare anche alcuni ricoveri caratteristici che mantengono l’originaria tipologia a sassi a vista e copertura a lastre di pietra bianca locale (scandole). La strada, in costante discesa, conduce al centro abitato di Sossai, dove si passa a fianco della chiesa di Santa Giustina, che presenta, al proprio interno, tracce di affreschi cinquecenteschi. Si prosegue seguendo l’indicazione per Belluno e si esce dal paese; poco dopo, in prossimità di uno stretto tornante, si svolta a sinistra, attraversando il ponte sul torrente Turriga; si gira subito ancora a sinistra e si sale lungo una ripida strada inghiaiata che sbuca sulla provinciale per il Nevegàl. Si percorre per qualche centinaio di metri questa strada e si giunge al santuario di San Mamante. Per ritornare nuovamente a Mòdolo, si compie, per una breve distanza, il medesimo tragitto dell’andata però, prima di arrivare a Sossai, si svolta a sinistra lungo una stradina asfaltata in discesa (via Trenz). Dopo qualche centinaio di metri, si giunge in prossimità di un crocevia, segnalato dalla presenza dì un edificio scolastico, si svolta a destra e, confortati dal bel panorama sulle boscose pendici delle Prealpi Bellunesi, in breve si arriva a Mòdolo.

Osservazioni e curiosità naturalistiche

 

Betulla (Betula alba): Genere di piante comprendente circa 40 specie arboree presenti in tutta l’Europa Settentrionale, ma anche in quota, nei luoghi umidi e ombrosi delle Alpi e degli Appennini. Le betulle sono alberi alti talora più di 20 metri, caratterizzati da una corteccia bianco argentea, che si distacca in lamine sottili ed è impiegata, presso alcune popolazioni nordiche, nella concia delle pelli. Il legno è tenero e molto elastico. Dal tronco, durante la primavera, è possibile estrarre un liquido zuccherino che serve alla preparazione dello zucchero di betulla e di bevande fermentate.

 

 

Ginepro (Juniperus communìs): Genere di piante conifere a portamento basso e ramoso. Comprende una settantina di specie delle zone temperate e fredde dell’emisfero settentrionale. I ginepri sono arbusti con ramificazioni sottili. Le foglie sono pungenti e rigide, di color verde chiaro, glauco. I flutti sono bacche globose, dette coccole, verdi allo stato acerbo, poi nerastre; contengono una sostanza amara (gineprina), un olio volatile e delle altre essenze resinose. Il ginepro comune è assai diffuso in Italia e dalle sue coccole si estrae un olio che entra nella preparazione di un superalcoolico (il gin). Le fronde si adoperano nei processi di affumicatura di alcuni salumi, ai quali conferiscono un odore particolare. Il legno, profumato e resistente agli insetti, viene utilizzato per i lavori d’intarsio.

 

 

Per approfondire

Scheda di osservazione

 

 1 -      Chi era San Mamante? (Specifica le due ipotesi)

 2 -      Perché i Bellunesi costruirono una chiesa in suo onore?

 3 -      Qual è l’oggetto di culto del santuario?

 4 -      Perché l’acqua della fonte di San Mamante era così ricercata?

 5 -      Fai uno schizzo della chiesa e della fonte.

 6 -      Disegna una delle caratteristiche dimore in pietra, situate lungo il percorso della “Calmada”.

 7 -      Cos’è un protiro?

 8 -      Quali sono le principali caratteristiche della betulla e del ginepro?

 9 -      Che cosa sono le coccole?

10 -     Quale, fra i due disegni sottostanti, si riferisce alla betulla e quale al ginepro?

 

Cattedrale e altri santuari della Diocesi di Belluno-Feltre

 

Santuario dei Santi Vittore e Corona - Feltre

32032 Feltre (BL) - Tel. 0439/2115

 

Santuario “Santa Maria delle Grazie”

32023 Caprile (BL) - Tel. 0437/523339

 

Santuario “Maria Immacolata”

32010 Nevegal - Col di Cugnan (BL) - Tel. e fax 0437/907060

 

Informazioni turistiche su Belluno-Feltre

 

Azienda di Promozione Turistica di Belluno - Feltre-Alpago

32100 Belluno - Via R. Psaro, 21 - Tel. 0437/940083 - Fax 0437/940073

 

Azienda di Promozione Turistica “Dolomiti”

32043 Cortina d’Ampezzo - Piazzetta S. Francesco, 8

Tel. 0436/3231 - Fax 0436/3255

                                                                      

Belluno                    INDEX