Le mura
cinquecentesche di Padova
ITINERARIO 2
È una porta rappresentativa, con fitta decorazione architettonica che la rende la più maestosa delle cinque porte rimaste della cinta rinascimentale padovana.
È tripartita sia in orizzontale che in verticale. Quattro coppie di colonne corinzie reggono una ricca trabeazione con scritta. È tutta rivestita in pietra d’Istria. Il fornice centrale è affiancato da due aperture laterali minori, secondo l’iconografia, cara al Rinascimento, dell’arco trionfale romano. Nei piedistalli reca la data favolosa della fondazione di Padova, 1118 a.C. e quella della erezione della porta.
Probabilmente nel XVIII secolo fu corredata, al culmine del tetto a quattro falde, di una elegante lanterna con orologio.
Del ’700 sono le ricercate decorazioni a bucrani e i due rilievi lapidei inseriti nel prospetto interno alla città: a sinistra un gruppo di personaggi intorno a un busto, probabilmente quello del prefetto Loredan, a destra il busto di un notabile (Caterino Corner, nel 1780 capitano della città?), circondato da eleganti motivi fitomorfi e sormontato da uno stemma.
Essa è più nota col nome di porta Portello per la prossimità col “portello”, piccolo porto fluviale delle imbarcazioni provenienti da Venezia (è detta infatti anche Porta Venezia), costruito nel 1534.
Uscendo dalla porta si attraversa, su un ponte a quattro arcate costruito nel 1784, (capitano era Caterino Corner), il canale Piovego, allora principale direttrice verso Venezia. (Il canale Piovego era stato scavato ancora nel 1209 per unire a sud-est i due fiumi, Bacchiglione e Brenta).
Sulla riva sinistra sono collocate le scalinate di approdo, delle quali una, quella più a oriente, è stata recentemente restaurata.
Al termine del ponte, sulla destra, si trova l’edicola di S. Maria dei barcaroli (1790), oratorio della fraglia omonima, davanti alla quale i passeggeri del “burchiello” assistevano alla messa prima di imbarcarsi alla volta di Venezia. Fecero questo tragitto viaggiatori famosi come Goldoni, Casanova, Goethe, Stendhal, Canaletto, che ne disegnò una bellissima prospettiva e ne ricavò un celebre quadro.
Continuiamo la passeggiata lungo via Gradenigo e arriviamo al bastione Venier o Portello Nuovo, costruito nel 1518, mentre capitano generale è Angelo Venier.
Lo abbelliva un leone marciano scalpellato nel 1797 e finito nel fossato antistante. Recuperato dal fossato intorno al 1850, fu acquistato dalla Compagnia delle Assicurazioni Generali di Venezia e collocato sull’omonimo palazzo a Roma in Piazza Venezia.
Il bastione ospitava una delle tre scuole all’aperto del programma filantropico “Raggio di sole”, promosso dal dott. Randi agli inizi del ’900 per recuperare i fanciulli esposti alla tubercolosi. La tettoia, ancora visibile è dell’epoca; l’edificio, di poco più tardo, è intitolato a Enrichetta Luzzatto Dina.
Ai piedi del torrione un’ampia golena esterna è stata, negli anni ’90, sistemata a giardino pubblico con un percorso vita. Il parco, chiamato anche “Giardini di Fistomba”, è dedicato al Colonnello Venturini e al Maresciallo Natale, morti nel 1992 in una missione di pace in Croazia.
Da via Fistomba possiamo vedere la parte esterna del bastione Castelnuovo e quanto rimane della cortina muraria che univa il Venier al Castelnuovo. Trentatre metri di questa cortina furono abbattuti per aprire la breccia di Fistomba che collega via Ognissanti con il piazzale della Stanga.
Il bastione Gradenigo, costruito nel 1519 mentre era capitano generale Giuliano Gradenigo, è più conosciuto col nome di Castelnuovo perché nel progetto del D’Alviano avrebbe dovuto contenere la nuova Cittadella, situata, fin dai tempi di Ezzelino, a sud-ovest, spostandola a oriente, in direzione di Venezia.
Sul progetto, molto costoso, la Repubblica prima temporeggiò e poi, su suggerimento di Michele Sanmicheli, diede parere negativo, e il Castello nuovo non fu mai costruito. Rimase soltanto il nome con cui fu identificato il bastione più esposto verso oriente e che nel XVI secolo costituiva la sola entrata in città da Venezia per via d’acqua. È l’unico infatti dotato di una porta fluviale, detta porta di S. Prosdocimo (la tradizione vuole che S. Prosdocimo entrasse in Patavium, per evangelizzare la città, da questa parte). Il bastione era infatti abbellito da un’edicola con la statua del santo, da una decorazione architettonica intorno alla porta e da un leone marciano.
Dopo gli episodi di vandalismo dei Giacobini (1797) e anni di incuria, il bastione si presentava seminterrato, la statua scomparsa, il leone scalpellato. L’Associazione Amissi del Piovego ha recentemente ottenuto il restauro del bastione, con la ricollocazione della statua ripescata dal fossato (purtroppo acefala e in copia perché l’originale è al Museo Civico) e del leone veneziano, con lo scavo del fossato che ha rimesso in luce l’intera porta e con la ripulitura delle modanature in pietra d’Istria.
L’area interna al bastione è attualmente un centro ricreativo e sportivo della Parrocchia di Ognissanti.
Il lato squisitamente orientale delle mura, rivolto verso Venezia, si chiude con il terzo bastione, detto del Portello Vecchio, ma più esattamente denominato “bastione Buovo”, dal nome del “maistro muraro” Angelo Buovo. (Nel 1515 alla morte del D’Alviano il suo progetto difensivo della città di Padova veniva continuato dall’architetto Sebastiano da Lugano coadiuvato da Angelo Buovo).
Il bastione Portello vecchio è collegato alle mura, a occidente, con il ponte di S. Massimo o ponte delle Gradelle (le gradelle erano grate di ferro mobili sotto i ponti per controllare la navigazione), che qui supera con le sue tre arcate il canale S. Massimo, continuazione del canale Alicorno, proveniente da sud-ovest.
Qui era il porto del sale. Le imbarcazioni portavano il sale dalla laguna risalendo il corso del canale Roncajette (e prima del canale Pontelongo), che qui si congiunge col canale S. Massimo.
Più tardi (1534), per i viaggiatori, venne aperto il Portello Nuovo e il vecchio porto, via via, perse d’importanza, nonostante le cure e i provvedimenti con cui la Serenissima più volte intervenne. Nel 1784, ad esempio, i savi della città di Padova ne curarono l’innalzamento dell’arcata mediana per facilitare il passaggio delle barche e dare nuovo impulso alla navigazione. Ecco perché il ponte si presenta “a schiena d’asino”.
Una galleria collegava, a scopo militare, i due bastioni vicini, Castelnuovo e Portello Vecchio.
Il bastione ospita ora la sede dell’Associazione Amissi del Piovego e alla sua base c’è l’approdo della Padovanella, l’imbarcazione che da qualche tempo ripercorre in parte le vecchie vie d’acqua padovane. La sua conformazione interna risulta adatta a ospitare manifestazioni culturali e spettacoli.